GF La Garibaldina 17/04/2016
Dal nostro “inviato-presidente-partecipante” Alessandro
La Garibaldina, una delle gare di maggior rilievo nella provincia di Roma, eccola, è arrivata, per me doveva essere soltanto la prima della stagione, diciamo pure che la consideravo parte della preparazione per la Nove Colli che si sarebbe disputata di lì a poche settimane, ma andiamo per gradi.
Sabato 16 aprile eccomi a Mentana sul campo di gara a ritirare “il pacco”, due i nostri iscritti, io e il buon Gianluigi, solo due in mezzo a circa 1300 nomi!
La piazza éè in fermento, fervono i preparativi, nel bar che funge da appoggio per la consegna di pettorali (che sarebbe piú opportuno chiamare dorsali) e dei pacchi gara c’è un via vai di gente non indifferente, io arrivo per primo, decido quindi di avvantaggiare il compagno ritirando anche il suo materiale.
Il pacco gara è notevole, c’è parecchio ben di Dio, giusto il tempo di verificarne il contenuto e subito mi avvicino al piccolo stand dove solo per oggi è possibile iscriversi alla Medievale a prezzo particolarmente ridotto, quindi ne approfitto.
Ecco che arriva Gianluigi, gli consegno il pacco e ci mettiamo d’accordo per inontrarci l’indomani.
Saluti e baci, si torna a casa.
Non sono né professionista né cultore del ciclismo e del fitness, quindi ceno senza badare troppo a cosa e quanto mangiare, poi una bella dormita e al mattino preparativi e si parte, c’è tutto, non ho dimenticato nulla e questo già mi rende abbastanza soddisfatto di me stesso!
Colazione calibrata quanto la cena, bici nel portabagagli, appuntamento “alla mutua” con Gianluigi per poi avviarci verso Mentana.
Giunto nei pressi del campo gara mi trasformo in quel qualcosa che ricorda vagamente un ciclista, giretto di ricognizione per sgranchire le gambe e prendere confidenza con i pattini dei freni nuovi appena montati e ancora da provare (a mordere mordono, pure troppo rispetto ai precedenti, devo fare attenzione a non tirare troppo, confesso che la cosa mi preoccupa parecchio).
Poco dopo eccoci in griglia, un selfie ci sta tutto, siamo ancora in pochi, noi due partiamo nelle retrovie, ma per ragioni gestionali, i presenti vengono invitati ad avanzare e raggrupparsi, ecco quindi che ci ritroviamo a metà gruppo.
Intenzionati entrambi a dare del nostro meglio, io sul percorso lungo e Gianluigi sul corto, l’avanzamento di posizione aggiunge quel poco di carica che non guasta.
Il mio compagno viene da un periodo di scarso allenamento, pertanto preferisce gli 86km del pecorso corto per non sfinirsi con i 134km del lungo che sono fondamenteli per me, dato che percorrenza e altimetrie sono molto simili a quelle del percorso corto della Nove Colli, l’esito della gara e le condizioni fisiche finali saranno fondamentali per stabilire come avrei afftontato la grande competizione di Cesenatico.
La griglia si popola dei circa 1200 “partenti”, il tempo di fare quattro chiacchiere e di godersi lo spettacolo delle majorettes, ed ecco il via!
La raccomandazione è sempre la solita, quella di allontanarsi dal centro abitato ad andatura turistica, per poi sfogarsi dopo la partenza lanciata posta appena fuori dal paese.
Inutile dire che la raccomandazione iniziale viene puntualmente disattesa, c’è chi sin da subito cerca di creare distacco, e chi per non essere da meno prova a seguire, certo, 1200 ciclisti sono veramente tanti, per me che fin’ora ho partecipato ad eventi da 4/500 persone la sensazione è strana, quasi un senso di smarrimento, ma dura giusto il tempo di arrivare al via, è ora che si comincia a fare sul serio!
Ok, ci sono, attenzione a non strafare, i km sono tanti e l’andatura iniziale è solo la prima prova da superare, non so a quanto vado, gli occhi sono tutti per la strada e i ciclisti che mi circondano.
Mantenere il passo richiede impegno, se poi si cerca addirittura di avanzare diventa veramente dura, la gambe cuore e polmoni non sembrano soffrire, quindi “spingo”!
Avanzando perdo il mio compagno di squadra, è il momento di studiare chi mi pedala intorno per cercare qualcuno con cui fare gruppo, andature così sostenute si affrontano meglio in compagnia, sono passati pochi km, la strada è ancora pianeggiante, ma l’andatura si ridimensiona nettamente, il tempo di domandarmi il motivo ed ecco la risposta: “lo scassato”!
Solitamente è così che definiamo un tratto di strada in cattive condizioni, così cattive da costringere 1200 ciclisti scatenati e rallentare notevolmente subito dopo la partenza, il ritmo cala, gli spazi fra gli atleti si fanno più generosi per lasciarsi vicendevolmente la possibilità di fare lo slalom tra le buche.
Ne approfitto per bere un sorso d’acqua…
Non lo avessi mai fatto!
Appena distolgo lo sguardo dalla strada, la ruota anteriore entra in un solco dell’asfalto e il manubrio mi sfugge letteralmente di mano, l’unica mano disponibile perché l’altra era impegnata a raggere la borraccia, un istante e sono a terra, impreparato e impotente, cado senza neanche povare a pararmi, a terra avevo ancora la bici tra le gambe!
Fortunatamente l’andatura ridotta e il maggiore pazio tra gli atleti, aiutano gli altri a non travolgermi, ma soprattutto ringrazio chi ha avuto la prontezza di evitarmi, perché a 10 km dalla partenza, un incidente simile in mezzo a 1200 partecipanti potrebbe facilmente abbattere decine di ciclisti in pochi secondi!
Ok, quel che è stato è stato, rialziamoci e proviamo a continuare.
Raccolto me stesso e raccolta la bici, un controllo veloce sull’integrità del mezzo e rimonto a cavallo.
Nel frattempo il buon Gianluigi mi raggiunge, mi supera di slancio mentre riparto e prosegue senza aver modo di capire cosa sia successo.
Il dolore è tanto la spalla sinistra è momentaneamente fuori uso, ma non demordo, migliorerà… speravo.
Circa 3 km dopo un’altra buca, inevitabile ma presa con consapevolezza e mantenendo il controllo, il manubrio sobbalza con veemenza, un “click” secco proviene dalla zona anteriore della spalla e un dolore lancinante mi accieca, fortunatamente riesco a non perdere il controllo, ecco, se cera qualcosa che stava per rompersi, con questa botta si è rotto definitivamente.
In un attimo svaniscono tutti i sogni riguardanti Medievale e Nove Colli, il recupero sarà lungo e un’ interruzione della preparazione è l’ultima cosa di cui ho bisogno.
Sono ancora caldo, il dolore si sente meno, la rabbia é tanta, e la certezza di aver compromesso la stagione mi spinge con ancor più determinazione a proseguire fino in fondo a quella che forse sarà la mia prima e unica gara della stagione.
Manubrio sorretto attivamente da un solo braccio, ruota anteriore leggermente storta, spalla dolorante e profonde escoriazioni su tutto il fianco sinistro, comunque riesco a resistere, senza immaginare che i veri problemi sarebbero arrivati di li a breve.
Sotto Moricone la salita diventa impegnativa, è ora di scalare, ma mi rendo conto che l’anteriore non scende, il comando si è danneggiato con la caduta, quindi sono costretto a procedere col 50…
La fatica è tanta, non so neanche dove sono con esattezza, sono passati circa 50km, vedo una fontana, mi fermo a riempire la borraccia, quella maledetta borraccia, alzo la ruota anteriore per spostare la bici e la vedo che non gira libera come dovrebbe, la caduta ha spostato la pinza verso destra, quindi anche la ruota frenata!
Quest’ultimo problema si risolve in un baleno, ma a saperlo prima forse faticavo meno.
Riparto con scorta di liquidi alla stregua di un cammello e vado avanti, trovo un gruppetto col quale affronto parecchia strada, fino a Nerola tutto fila liscio, ma la salita è lunga, lunga quanto i rapporti che sono costretto ad usare, inoltre la condizione fisica non mi permette di pedalare fuori sella, le gambe bruciano, e dopo Montorio Romano ecco i crampi.
Sono passati quasi 90km e il veicolo di “fine gara ciclistica” mi supera… no, non così presto, non era così che l’avevo immaginata!
Ma dopo tutto, in quel giorno c’era ben poco che stava andando come previsto, quindi metto da parte lo sconforto e vado avanti, le salite lunghe sono finite, ne restano di corte ma cattive, devo solo essere più cattivo di loro, non di tanto, solo quanto basta a tagliare il traguardo, magari per ultimo, magari a piedi, ma comunque tagliarlo.
A causa dei crampi il calo di prestazione è consistente, perdo il gruppetto al quale mi ero aggregato, per un po’ di km resto solo, nel frattempo mi affianca un’auto, è Gianluigi che ha concluso il corto ed è già sulla strada di casa, solo in quel momento vede le escoriazioni e realizza cosa è successo, e quando gli spiego i dettagli mi esorta a fermarmi per andare in ospedale, ma non voglio neanche pensarci a fermarmi, quindi ci salutiamo e proseguo per quella che piuttosto che una Garibaldina inizia a somigliare ad una crociata.
Più avanti vedo un altro ciclista che sembra più affaticato di me, è rimasto leggermente indietro rispetto al suo gruppetto, ci facciamo coraggio e lo aiuto a ricucire lo strappo, ora non sono più solo, ed è già tanto.
L’atmosfera cambia, passando da un gruppo di “gente che spinge” dove si pedala a testa bassa e fiato grosso, ad un gruppo di “quelli tranquilli” dove si pedala per arrivare in fondo senza pensare alla classifica e ai punti, ma solo per godersi il percorso e la compagnia, ci scappa anche qualche chiacchiera, si parla per lo più di crampi, nella comitiva non sono il solo, la compagnia mi distoglie un po’ dal pensiero del dolore, nel frattempo siamo arrivati a Stazzano, ora le salite sono finite veramente, resta qualche strappo di quelli che non impensieriscono più di tanto, non so quanti km mancano con esattezza, fin’ora mi sono regolato con i cartelli, perché il computer è impostato su una schermata che non visualizza la strada percorsa, e dato che il braccio è fuori uso ed è poggiato sul manubrio solo perché non so dove altro metterlo, l’idea di usare l’unica mano buona per smanettare con il computer non mi sfiora neanche lontanamente.
Uno dice che mancano 15 km…
È fatta, ci siamo, ormai Mentana è vicina, un altro ragazzo si avvicina e mi chiede di “salvarlo” dandogli un po’ della mia acqua, gli porgo la borraccia sperando che per tanto male che ha portato a me, tanto bene porti a lui, mi ringrazia e continuiamo, siamo dentro Mentana, gira di qua, svolta di là, ed ecco le stradine che portano al ritrovo e all’arrivo, vedo il gonfiabile e non mi sembra vero, passaggio sul tappetino del cronometro ed è fatta.
Con calma mi fermo e scendo da cavallo, lentamente e con non poca sofferenza per via della spalla, le gambe sono fuse, mi resta a malapena quanto basta a camminare fino alla macchina, vedo arrivare parecchi atleti dopo di me, mi allontano e quando sono all’auto, l’ultima impresa, cambiare scarpe, ripulirmi, smontare e caricare la bici, in quella situazione sono state tra le operazioni più impegnative della mia vita.
E ora si torna a casa, in quelle condizioni è più difficile guidare l’auto che andare in bici.
Una doccia, qualcosa sotto i denti, e poi al pronto soccorso…
Qui la vicenda sanitaria prende una piega della quale non sto a raccontarvi, e che riassumo con 6 settimane di fermo per frattura scomposta della clavicola, e addio Medievale e Nove colli…
Di sicuro questa Garibaldina non la dimenticherò mai!